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Un giorno di poesia con la Ferrari 599 Gtb Fiorano

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2008 15:08
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29/05/2008 15:08
 
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Sette e mezzo del mattino. Il sole pallido e maestoso, una leggera brezza porta una sinfonia in 12 cilindri e quattro scarichi. Una saetta rossa arriva; la stupenda 599 GTB Fiorano irrompe spazzando via il sonno. La giornata si preannuncia misteriosa e curiosa.

Nel 1998 andai per la prima volta a visitare gli stabilimenti Ferrari a Maranello. 10 anni dopo il ritorno. La curiosità di rigustare la perfezione dell’artigianalità di riferimento nazionale, e dell’italianità motoristica progredita al terzo millennio. Il viaggio neanche a dirlo questa volta con l’ultima creatura del cavallino, una belva da 620 cavalli a 7600 giri minuto, 5999 centimetri cubi di cilindrata, 330 chilometri orari e 3 secondi e poco più per coprire il classico 0-100 . La carrozzeria levigata e grintosa, disegnata dai maestri Pininfarina, lascia presagire la cattiveria di un cocktail fatto di una parte di formula uno, una di prestazioni, miscelate con la sapienza maranellese per l’utilizzo quotidiano.

Ma come fanno da queste parti a disegnare ogni volta dei capolavori più belli dei precedenti ? Difficile immaginare di più. Stiamo parlando di una stella polare nel panorama auto mondiale, un auto capace di trasportare due sognatori, su un nastro di asfalto, con il confort e la leggiadria delle migliori granturismo, coccolati dal perfetto clima e dalla comodità dei sedili sagomati, avvolti dal profumo delle pelli cucite a mano, che può trasformarsi in una esperienza quasi esoterica, con un solo click del manettino sul volante, e la pressione decisa dell’acceleratore.

La progressione toglie il fiato, l’urlo del 12 cilindri di maranello sbalordisce la mente, che cerca in affanno di ritrovare il contatto con la strada, la realtà. L’assoluta precisione dell’insieme mi convince a rivedere i parametri in campo automobilistico. Avete presente come si fa con i vini; dal peggiore al migliore, per farsi dei riferimenti. La bottiglia “buona” è aperta sul tavolo, e signori, il resto sembra acqua. I freni manco a dirlo, nella variante carboceramica, mordono come un tirannosauro promettendo decelerazioni da competizione. L’autostrada diventa un mare da solcare, tra gli incoraggiamenti dei guidatori che si scostano e gli sguardi di approvazione. Con la sua andatura certa maestosa e veloce, mi vengono alla mente le parole di una stupenda canzone di De Gregori, dove si dice che “….fa duemila nodi…ed ha un motore di un milione di cavalli che al posto degli zoccoli hanno le ali… è fulmine, torpedine e miccia, scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole di acciaio, pistone rabbia…e poesia”. Rossa aggiungo io e con 4 ruote attaccate all’asfalto.

Infatti oltre ad essere bella è anche estremamente gratificante. La percorrenza delle curve sembra sempre assolutamente facile. Gli oltre 600 cavalli sono a portata di mano, grazie alla tecnica del terzo millennio, ed alle doti del telaio e della scocca in alluminio. Finisce il viaggio di andata. Arriviamo allo storico ingresso, quasi a chiederci a quando il ritorno, per passare ancora del tempo sul purosangue. La palazzina ridipinta, conserva il fascino del progetto degli anni ‘40, del primo insediamento. La scritta gialla campeggia sulla facciata. Un mito.

Mi viene subito in mente il sogno di un uomo, che ha saputo far sognare miliardi di persone. Ma quanto è stato grande. Enzo Biagi disse di lui: “ Ferrari non è un’industriale ma un sognatore. Non creò solamente un’auto ma un modo di essere, una leggenda. Pochi si possono paragonare a lui…e pensare che a 19 anni piangeva perché non sapeva che fare della propria vita”. Maranello sembra un parco tematico a lui intitolato. Un piccolo centro dell’emilia provinciale, internazionale come Ginevra dove senti ogni lingua, i colori della passione motoristica italiana si susseguono, rosso, giallo. Tutto a misura di cavallino.

Il museo offre la possibilità di ammirare parte della migliore produzione tra F1 e auto di serie, e una stupenda emozione. L’Ufficio del drake, forse uno dei pochi pezzi rimasti oltre lo storico ingesso, che conserva il sapore impolverato degli anni che furono, quelli del lucido delle squadre di legno e del cronometro alla mano lungo strade impolverate. L’azienda con i padiglioni nuovi stupisce. Non esistevano, ed oggi sono realtà, progettati al meglio per ottenere il meglio. Giardini nel mezzo dei capannoni, illuminati a giorno dalle enormi vetrate, temperatura perfetta, e rumore inesistente. Avrei collocato un pianista in un angolo, pensando ad una installazione di arte. I propulsori prendono vita con le migliori tecnologie esistenti, controllate e maneggiati da uomini, che non hanno dimenticato la bravura e l’uso di se stessi in un processo produttivo.

Strano, molto strano, a tratti surreale. Ho in mente l’artigianalità come un capannone di mattoni, sporco, dove l’unico protagonista è il battilastra ed il suo martello, il meccanico con il cacciavite ed il mastro pellaio con ago e filo. Esistono, sono realtà ancora oggi in questa azienda, ma l’argilla e la scopa di saggina in un angolo hanno lasciato il posto al vetro, ai chip, agli alberi, ai sassi, ed al carbonio. Forse la ricerca del primato, trova la sua massima espressione in tutto ciò, con poco rumore e caldo, tanta perfezione e ovviamente modernità. Non è detto che l’affascinante antiquariato industriale alla inglese, produca il meglio.

Ci penserò, ma vi assicuro che le sensazioni provate oggi hanno dell’unico. Lo dico a gran voce; la 599 è pazzesca, come quella idea partita 61 anni fa, che scalda il cuore degli appassionati di tutto il mondo, meno sporca di grasso, e più fantascientifica. Sono l’Italia, la tradizione, e la Ferrari del 2008, e forse l’indimenticabile Enzo dietro ai suoi occhiali avrebbe voluto cosi: il meglio di oggi e dei sogni per produrre l’eccellenza di sempre.

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